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lunedì 28 gennaio 2008

Come ai tempi di Antonio La Trippa (o forse peggio)

TRATTO DA: IL BLOG DI MARCELLO FOA http://blog.ilgiornale.it/foa
del 25/01/08

Ma doveva proprio finire così? Lo svenimento di Cusumano, con improvvisa rianimazione al momento del voto, gli sputi, gli insulti, due senatori che festeggiano in aula a spumante e mortadella. E nel centrosinistra, i tentati inciuci dell’ultima ora per recuperare Mastella offrendogli una trentina di poltrone privilegiate negli enti statali e parastatali; l’inopportuna indignazione di Marini che tra l’altro parla un italiano disarmante (ma che razza di presidente del Senato abbiamo? E questo dovrebbe essere il primo ministro di garanzia? Ma per carità). E ancora: insulti, Mastella che cita Neruda, sberleffi. Una sceneggiata indegna che ovviamente ha mandato in estasi i giornalisti stranieri. Ho fatto un giro tra i siti americani, inglesi, francesi e quasi ovunque campeggiava la foto di Cusumano svenuto. Purtroppo gli articoli sull’addio di Prodi, corredati da titoli ironici, erano ai primi dieci posti tra quelli più letti di Time e New York Times. Insomma, abbiamo rimediato l’ennesima figuraccia. Stamattina ho pensato: siamo tornati ai tempi di Totò, quello di Antonio La Trippa, che di seguito vi ripropongo in due passaggi esilaranti. Mi domando: il tempo è passato invano? Forse oggi è persino peggio: La Trippa era un personaggio caricaturale, Cusumano e Barbato senatori di lungo corso.
E se si andrà a votare, è troppo pretendere dai leader di partito che candidino politici persone perlomeno decorose? Resteremo per sempre un Paese incivile?

giovedì 17 gennaio 2008


Scritto da: Avv. Angelo Cennamo
Pubblicato da: www.destraitaliana.eu

Benedetto XVI non farà visita alla università romana de La Sapienza. La decisione è stata presa dopo che 67 docenti, sostenuti da un’orda di studenti indottrinati al comunismo e al laicismo più intollerante, hanno manifestato contro la partecipazione del Pontefice all’inaugurazione del nuovo anno accademico.


Al grido di ” Via il Papa”, un manipolo di teppistelli, più avvezzi ai centri sociali che alle aule universitarie, hanno imposto la propria volontà a quella di migliaia di altri studenti e docenti, laici e cattolici, costringendo la Santa Sede a fare dietrofront. L’episodio ha già fatto il giro del mondo e sta ponendo al centro del dibattito di quste ore l’inquietante clima oscurantista ed inquisitorio che nel nostro paese sta riprendendo corpo nel solco delle atmosfere illiberali sessantottine. Ricorre, infatti, quest’anno il quarantennale della rivoluzione giovanile del maggio francese e la visita di J. Ratzinger alla Sapienza rappresenta per gli emuli, più o meno consapevoli, di quel filone culturale, fatto perlopiù di intolleranza e di squadrismo, una buona opportunità per manifestare il loro assoluto nichilismo, fatto di vuoti, di avversione per ogni forma di confronto libero e civile. Il tutto all’insegna di una presunta laicità, parola mal interpretata o, per meglio dire, ai più sconosciuta. E pensare che nelle università italiane hanno pontificato ex br come Curcio e Scalzone, islamisti collusi con il terrorismo internazionale, ex rifugiati politici e diversi pluricondannati per delitti gravi come banda armata ed omicidio. Il papa no. Lui non può perchè cattolico. Perchè il suo pensiero non interessa a quel branco di teppistelli e a quei 67 docenti comunisti, più o meno vicini ai partiti della estrema sinistra, la stessa che da oltre 40 anni all’università ci ha messo le radici, appropriandosi di tutto, anche dei bandi di concorso. Quella scritta oggi è una delle pagine più nere della democrazia liberale italiana ed occidentale. Un salto all’indietro che fa sprofondare il nostro paese nel peggiore oscurantismo preilluminista. Un calcio in culo a Voltaire e al suo trattato sulla tolleranza. Un calcio in culo a migliaia di trattati di filosofia e di storia europea, grazie ai quali oggi possiamo sentirci uomini liberi e civili, ovunque tranne alla Sapienza.

mercoledì 16 gennaio 2008

Buon compleanno Costituzione.


Il primo gennaio 1948 entrava in vigore la nostra Carta Costituzionale. Quindi essa ha compiuto sessanta anni senza dimostrarli per nulla. Spesso disattesa, spesso criticata, altre volte oggetto di midifiche spesso giustificate, ad esempio quella del 1993 avente ad oggetto l’art.68, inerente le immunità, altre totalmente criticabili, si veda riforma, del resto necessaria, del titolo V.
Da ammirare in essa la lungimiranza dei costituenti, i quali hanno saputo condensare in poche righe concetti per i quali ci sarebbe voluto molto piu inchiostro, quali solidarietà sociali, uguaglianza sia formale che sostanziale, sussidiarietà, diritti civili e politici, difesa della famiglia fondata sul matrimonio, diritto alla difesa, principio di legalità, diritto al lavoro.
Tutti temi attualissimi, insomma un bella sessantenne.
Sarebbe più belle ricordare queste cose anzichè discutere solo di immondizie.

lunedì 7 gennaio 2008




Scritto da: Eduardo Caliano Pubblicato da: http://www.destraitaliana.eu/



Un mio giovane amico, già con un decennio e più in An, lo ha definito “un pugno sulle gengive”. Dopo averlo letto io lo paragono ad un pugno nello stomaco, ma di quelli a cui vai incontro in maniera consapevole, quasi a dire me l’ero cercato…
Questa la sensazione che si prova a leggere il libro di Alessandro Giuli (Il Foglio) dal titolo Il passo delle oche - L’identità irrisolta dei postfascisti (Almirante, Fini, La Russa, Storace e gli altri). Il giornalista de Il Foglio riprende lì dove ha lasciato Nicola Rao con il suo libro La Fiamma e la Celtica. Se Rao ha narrato tutta la storia del postfascismo italiano e dell’MSI fino alla trasformazione in An, Giuli tesse la trama della sua critica proprio a partire dalla nascita di An, affrontando la spinosa questione dell’identità, che definisce “pollaio dei valori”, la poca democraticità di alcuni organi di partito, come Azione Giovani, definita Professione Giovani. Scopriamo così che An si può riassumere, purtroppo, in un gruppo umano con tutte le sue ambizioni e debolezze, impegnato in una traversata nel deserto del postideologismo, dalle catacombe missine al pressapochismo (in stile veltroniano) dei valori. Il passo delle oche è, in altri termini, l’andatura senza progetto, un percorso non lineare e rindondante di una generazione politica figlia del postfascimo disposta a tutto pur di entrare nel Partito Popolare Europeo. Nel capitolo dedicato a Gianni Alemanno (il fascista immaginario) ad un certo punto si può leggere: “quando la destra si slabbra nella forma e s’impoverisce nei contenuti, ma non rinuncia ad arare la terra sempre fertile del consenso purchessia, finisce per somigliare a una filiazione sbiadita dell’antico democristianesimo. […] Perchè se la diversità rivendicata dalla destra si concentra nella gestione dell’esistente e nell’ingrassamento delle buone relazioni, su questo piano incontrerà sempre un vecchio immarcescibile gruppo di democristiani più bravi ed esperti”.
C’è da aggiungere altro? Solo un’ultimissima considerazione, contenuta alla fine del testo: “anche An è votata alla diluizione, il banchetto funebre arriverà, Fini è lì per questo. Storace ci ha riflettuto abbastanza”?

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